Per lungo tempo, nel territorio cremasco, un importante strumento di lavoro sempre presente in ogni centro abitato è stato il mulino ad acqua. Capralba non faceva eccezione.
È documentata la presenta di diversi mulini già dal XVII secolo, di cui il più importante fu quello sito in via Roma (precedentemente denominata via Maggiore) in prossimità della roggia Rino. In un documento del 1685 viene indicato l’antico proprietario, mentre nel 1810 viene descritto avente tre ruote.
Nel 1890 si sa che c’erano ben due mulini sulle sponde opposte della roggia. A quei tempi i mulini con pila da riso servivano alla macinatura di di riso e granoturco, quest’ultimo, divenuto farina, veniva utilizzato solitamente dai capralbesi per cucinare la polenta, molto diffusa all’epoca.
L’importanza e l’efficienza dei mulini capralbesi è attestata dal fatto che nel 1913 uno dei due mulini di via Roma ha ricevuto un riconoscimento nazionale per “l’ottima qualità e macinazione in farine bianche per l’alimentazione”.
Il destino dei due mulini è simile a quello degli altri mulini sparsi in tutta la Lombardia: a seguito dello sviluppo di nuove tecnologie per la macinazione verranno presto abbandonati negli anni ’50. Uno di essi cesserà le attività nel 1955 e l’altro seguirà lo stesso destino a pochi anni di distanza. Oggigiorno vi è una ruota ove vi era l’antico mulino e si può ancora ammirare una piccola cascata, presente da tempi immemori.